Sviluppo del bambino in famiglie adottive

Pubblicato il da Sonia

Sviluppo del bambino in famiglie adottive

I problemi più evidenti incontrati nella maggior parte degli affidamenti nel primo periodo di convivenza sono stati: ansia, paura di abbandono, disturbi del sonno, fobie, grande fatica nel rispetto delle regole e così via. Tutti indici di mancanza di serenità personale a causa della situazione precedentemente vissute. Per quanto riguarda l’adozione, bisogna considerare che, nella mente del bambino, l’incontro con i genitori adottivi è un evento che presenta una forte ambivalenza: se da un lato percepisce l’interesse dei genitori nei suoi confronti, dall’altro si rende conto che questo momento darà luogo ad una nuova situazione. Egli quindi, anche se avverte la disponibilità degli adulti e il loro desiderio di stabilire con lui una situazione particolare, potrebbe non essere disponibile e fiducioso nei confronti dei genitori adottivi. Il bambino adottato, inserendosi nella famiglia adottiva, porta con sé un bagaglio di esperienze che l’hanno formato e ne condizioneranno lo sviluppo futuro. Egli, infatti, ha vissuto uno dei traumi più importanti che un bambino possa sperimentare: la perdita delle figure primarie di accudimento,che avrebbero dovuto costituire per lui, per diritto biologico, garanzia di sicurezza e protezione.
Questa perdita può essere stata primaria (il bambino è stato abbandonato alla nascita e non ha avuto la possibilità di sviluppare una relazione di attaccamento con la figura materna) o secondaria (il bambino ha vissuto per un certo periodo con la mamma e ne è stato allontanato in seguito). Ogni situazione è diversa dall’altra e le conseguenze di tali avvenimenti saranno più o meno gravi a seconda che il bambino abbia avuto o no la possibilità di instaurare un legame di attaccamento e di fiducia con la figura materna (o con altre figure primarie di accudimento). Il bambino è incapace di dare senso e significato alle vicende che gli sono accadute nella vita. L’impossibilità di esprimere in maniera efficace il dolore che porta dentro di sé, dolore che perciò ha la caratteristica di essere intraducibile, lo può portare a sviluppare comportamenti inadeguati rispetto alla realtà esterna, ma per lui necessari (crisi di rabbia, depressioni, rifiuti). Gli sfuggono i motivi che potrebbero aiutarlo a dare un senso a ciò che gli è accaduto. Egli inoltre non possiede una competenza linguistica e cognitiva, adatte a capire ed esprimere con pensieri e parole adeguate i suoi sentimenti. Il più delle volte penserà di essere responsabile di ciò che gli è accaduto. Penserà di essere cattivo e meritevole dell’abbandono e degli avvenimenti che gli sono capitati. Se i genitori saranno stati in grado di elaborare in maniera adeguata il lutto della sterilità, inserendo quest’avvenimento doloroso in una cornice di senso, sapranno accogliere il vissuto del figlio e dare risposta al suo bisogno di capire il cosa e il perché gli sono accaduti determinati avvenimenti. E’ fondamentalmente di questo, infatti, che il bambino, ha bisogno. La stessa adozione, anche se ciò può sembrare incomprensibile, può essere vissuta dal bambino come un ulteriore sconvolgimento nella vita del minore. Egli attraverso l’adozione, infatti, perde definitivamente tutto ciò che, nel bene o nel male, costituisce la sua vita ed entra in una realtà sconosciuta, con persone sconosciute che devono diventare i suoi genitori. Una volta arrivato in famiglia, il bambino vive la sensazione che tutto ciò che ha vissuto e che era prima, sia stato cancellato come da un colpo di spugna: odori, suoni, colori,riferimenti, ambiente di vita, amici, parenti, lingua e così via. Gli rimangono il suo corpo e il suo nome.
E la memoria, che spesso contiene ricordi di avvenimenti che preferirebbe dimenticare. Durante il primo periodo in famiglia, il bambino potrebbe vivere sentimenti di paura e di confusione, sentirsi disorientato e manifestare comportamenti di rifiuto o d’iperadattamento. I genitori, per permettere al bambino di superare in modo favorevole queste esperienze dolorose, sono chiamati a potenziare le loro capacità di ascolto e saper accogliere tali vissuti nei confronti dei quali dovranno proporre efficaci strumenti riparativi. Per mettere in atto tali comportamenti i genitori dovranno:
Essere per il figlio un aiuto e un sostegno nell’elaborazione del suo vissuto abbandono, che andrà affrontato volta per volta con profondità diverse in base allo sviluppo e all’età del figlio.
Essere in grado di sostenere e tutelare il figlio e se stessi dai vissuti dolorosi che sia genitori che il bambino possiedono.
Saper infondere nel figlio sicurezza e fiducia in se stesso e nelle sue capacità. Saper creare un ambiente psicologico e relazionale accogliente e rassicurante nel quale il figlio possa nel tempo riuscire a ricostruire se stesso. Accogliere e accettare il bambino per quello che realmente egli è, con il suo vissuto e con le sue caratteristiche di personalità. Fare spazio al bambino reale, abbandonando poco per volta il bambino immaginario e desiderato che ciascuno porta dentro di sé. Sapersi sintonizzare sugli stati d’animo del figlio e aiutarlo a “riflettere” su se stesso e sulle proprie emozioni. Se il bambino avrà la certezza che i suoi vissuti sono stati sufficientemente compresi e accolti dalle figure genitoriali, la relazione con loro avrà le caratteristiche della stabilità e le stesse crisi potranno diventare occasione di crescita e condurre a nuovi e più stabili equilibri.

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